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Blue Monday tra pseudoscienza e post verità.

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oggi è il Blue Monday.

Ossia essendo il terzo lunedì del mese di gennaio, se vivete nell’emisfero boreale, mettevi l’anima in pace perché oggi sarete tristi.

Se la cosa vi ha convinto potete anche fermarvi qui e non andare oltre.

Se invece la faccenda vi suona strana allora, forse, vi farà piacere procede nella lettura.

Ad essere puntigliosi infatti (per farlo vi basterà una rapida lettura su Wikipedia) scoprirete che in realtà prima del 2005 quello di oggi sarebbe stato solo uno degli innumerevoli faticosi lunedì a cui ognuno di noi è condannato; come dire un lunedì senza infamia e senza lode, un lunedì reo solo di essere tale.

E dunque quale pericoloso cataclisma, quale complicata congiunzione astrale avrà così irreparabilmente modificato il destino della giornata odierna rendendola il peggiore giorno dell’anno?

Più che “cosa?” dovremmo chiederci, in realtà, “chi?”.

Cliff Arnall ecco “chi”.

Procediamo con ordine: Cliff Arnall, psicologo presso l’Università di Cardiff, nell’ormai lontano 2005, attraverso una formula matematica riuscì ad incrociare alcune variabili (il meteo, i sensi di colpa per i soldi spesi a Natale, il calo di motivazione dopo le feste) che lo portarono ad individuare, con matematica precisione, appunto, nel terzo lunedì del mese di gennaio, il giorno più triste dell’anno.

Individuato il male con solerzia fu poi trovata anche la soluzione per annientarlo.

Beat Blue Monday! questo il motto della campagna pubblicitaria di Sky Travel (agenzia di viaggi britannica) desiderosa di infondere linfa vitale al mercato dei viaggi decisamente sotto tono nella seconda metà di gennaio di ogni anno. Ossia: sappiamo che sei triste ma non ti preoccupare, non dipende da te ma dal Blue Monday e comunque se prenoti un viaggio il tuo umore cambierà.

Ora però proviamo a fare un esame di realtà.

Cliff Arnall risulta essere realmente uno psicologo (un life coach per l’esattezza). Rispetto alla sua posizione all’interno dell’Università di Cardiff so dirvi poco (ma in realtà poco è possibile sapere) dal momento che l’Ateneo pare abbia preso fin da subito le distanze sia da Arnall che dal Blue Monday.

La formula di Arnall, del resto, di “accademico” ha proprio poco dal momento che, pur richiamando visivamente un’equazione matematica, non ne rispetta in alcun modo i criteri (non specifica le unità di misura necessarie per ciascun parametro ed accoglie al suo interno grandezze non quantificabili).

Insomma il Blue Monday e la sua formula altro non sono che pseudoscienza o, a dircela tutta, una bufala ben confezionata e caratterizzata da tre elementi fondamentali:

1) una certezza: oggi siamo tristi

2) un giudizio: essere tristi non va bene

3) una soluzione: la tristezza va sconfitta rapidamente magari effettuando un acquisto.

Questi tre punti sicuramente hanno decretato il successo del Blue Monday pur trattandosi, contemporaneamente, di cattiva psicologia e psicologia cattiva.

Il Blue Monday è cattiva psicologia perché non rispetta in alcun modo le regole metodologiche della professione che richiedono di utilizzare procedure verificabili o, quando ciò non è possibile, argomentazioni basate su prassi stabili e documentabili.

Il Blue Monday è psicologia cattiva perché non rispetta nemmeno le regole etiche della professione dal momento che ci spinge a focalizzarci su un’emozione facendola apparire patologica per poi offrirci una cura. Ossia il Blue Monday tende ad amplificare o, ancor peggio, a sollecitare una sensazione di disagio per poi offrire una (illusoria per lo più) soluzione al disagio stesso.

Nonostante ciò dal 2005, anno dopo anno, il Blue Monday ha preso piede e risulta essere in costante ascesa.

A questo punto la domanda è “perché?”

Ossia perché il Blue Monday pur essendo un chiaro esempio di pseudoscienza ci attrae tanto?

Perché si tratta di una post verità ossia (e qui mi faccio aiutare dall’Accademia della Crusca e dagli Oxford Dictionaries) di un concetto nel quale la verità, il fatto oggettivo, ha un peso decisamente minore rispetto agli appelli alle emozioni ed alle convinzioni personali.

Le post verità sono attraenti e poco faticose poiché non stimolano in alcun modo il senso critico e proprio per questo ci permettono di definirci chiaramente ed altrettanto chiaramente ci permettono di definire l’altro.

Le post verità individuano il bianco ed il nero ed escludono completamente la noia e l’indeterminazione del grigio.

Le post verità tracciano un confine netto tra bene e male.

Insomma, per sintetizzare, le pseudo verità non discutono sentenziano.

Le post verità però, nel loro essere categoriche ed assolute, se da una parte ci rassicurano dall’altra ci impediscono di evolvere di accedere alla fatica del cambiamento.

Allora facciamo così proviamo a ridefinire tutta questa storia: oggi essere triste è una possibilità e non una certezza. Se ciò dovesse accadere concediamoci anche il lusso di essere tristi, senza cercare soluzioni immediate, senza distrarci ma guardandola proprio bene bene negli occhi questa emozione. Solo in questo modo qualcosa cambierà perchè “niente se ne va prima di averci insegnato ciò che dobbiamo imparare”.

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